Margherita Hack

Ho “incontrato” tardi Margherita Hack: la conoscevo, certo, per le capacità divulgative di una scienza avvincente che ha a che fare con le stelle. Restavo affascinata a sentir parlare con quell’accento toscano lei che aveva bazzicato università prestigiose, che era membro della Royal Astronomical Society, che aveva trascorso 50 anni di vita a Trieste.

All’interno di una ricerca sulle grafie delle trentenni childfree – quelle che non vogliono figli – mi sono imbattuta in una sua intervista del 2013 rilasciata per un documentario: con la solita disarmante chiarezza la Hack affermava che “Non abbiamo mai sentito questo desiderio. Una persona dovrebbe mettere al mondo una creatura solo se sente veramente questo desiderio…. Forse è che siamo rimasti bambini noi”. Insomma, quello che ancora oggi è spesso considerato come un gesto di egoismo che offende la ‘vocazione’ della donna, era un concetto che la scienziata fiorentina proclamava con estrema tranquillità.

Grande donna Margherita: la conoscevo per la grandezza della sua avventura intellettuale, la rispettavo per il coraggio con cui ha affrontato ogni battaglia: ateismo, difesa dei diversi e dei più poveri; ora la ritrovavo coraggiosa e coerente donna che diceva (magari nel suo irriducibile toscanaccio) “Mai, mai. Noi i figlioli non si volevano”.

Di certo, piena è stata la sua vita: di studi; di sport: e come era bella, giovane, sul podio o mentre saltava (Era proprio bello correre all’aria aperta, saltare in alto sentendosi forte ma anche leggera, stancarsi e a volte anche soffrire per raggiungere un risultato); piena di passioni… Qui, lo so, la Hack mi rimprovererebbe: la sua autobiografia comincia infatti proprio con l’affermare che “A sentir parlare di passione arriccio subito il naso. Infatti le passioni di solito durano poco...”.

Mi è cresciuto, così, il desiderio di ‘incontrare’ il suo tracciato grafico: l’ho potuto fare, purtroppo, solo attraverso la firma che dagli studiosi del segno è considerata una piccola, sintetica, biografia.

Non di passione parla questa firma, ma di apertura e fermezza sì: leggero nella velocità ma nutrito nel tratto e risoluto nel forte legame e nella tenuta del rigo, il tracciato va a rappresentare la sua capacità di allargarsi verso la vita, e il mondo, mantenendo la forza della logica.

Il gesto tonico che si allarga e si ‘stira’ crea però una importante iniziale e delle verticali affermate; in più, si determinano alcuni forti angoli che si alternano a gentili ‘fiocchi’ e a morbidi elementi. Vi si leggono (ma andrebbe verificato in altri documenti) costanza dell’impegno, curiosità, vivacità intellettiva, ruvidità, generosità. Non ci si cura della leggibilità: rapido e spoglio, il tracciato dà bene il senso dell’essenzialità in cui a contare è l’affermazione. Intendiamoci: non è l’affermazione che deve travolgere gli altri, ma quella capace di esprimere la propria autenticità e la coerenza ai propri ideali, costi pure andare controcorrente.

Allora, se per accontentare Margherita di passioni non possiamo parlare, parliamo almeno di amore. O di amori: i due più importanti si incroceranno, fino alla fine. L’amore-base è per il marito, Aldo, quello con cui (lei 11 anni e lui 13) giocavano insieme a guardie e ladri: e, ovviamente, “noi s’era sempre i ladri”. Margherita si sposa con Aldo De Rosa, “l’enciclopedia vivente che consulto in continuazione”, nel 1944. Per tutta la vita saranno insieme. L’altro grande amore, fino alla fine: i gatti.

Per loro, ha organizzato anche una stanza per facilitare l’accoglienza e l’adattamento dei nuovi venuti: “oltre a un comodo letto, disponevano della loro toilette e acqua da bere”, precisa.

Poi, come in tutte le storie della vita, viene la vecchiaia (beh, per lei è difficile pensarlo: era sul palcoscenico a spiegare  – e provocare – ancora nel 2012); si pensa, comunque, come è logico, alla morte. Margherita fa un testamento.

Ed ecco che i due suoi amori sembrano ingarbugliare ciò che è chiaro nel testamento scritto con mano che sente il peso degli anni: nella grafia compaiono i tremori e le stentatezze dell’età che avanza. Rimane bella tutta l’organizzazione dello spazio, in particolare dello spazio tra parole: sempre lucida la logica stringente che l’ha caratterizzata.

Tutto, tra lei e Aldo, era stato fatto in comunione di bene. Tutto a lui doveva andare. Però: alla morte di Aldo la maggior parte del patrimonio doveva andare ai… gatti. E qui l’ingarbugliamento: Aldo, malato di Alzheimer, stila un nuovo testamento lasciando il tutto ad una ragazza, e alla di lei madre, Tatjana Gjergo, che tanto li aveva aiutati nelle fatiche degli ultimi anni.

I gatti – e per loro le tre associazioni animaliste – si risentono. In primo grado Tatjana ha avuto ragione. Non so se la decisione sia definitiva.

Ma la bella storia della vita di Margherita, così piena di studi, di amore, di successi, di lotte, deve avere un finale bello.

Io l’ho trovato, al di là dei gatti e delle perizie. E’ in quella che sopra ho semplicemente definito “ragazza”: perché Margherita che non voleva figli ha amato con tutta se stessa quella ragazza macedone, come una figlia.

Eda, giunta in Italia ad un anno, nel 1994, appena decenne, si era ‘innamorata’ di Margherita a sentirla parlare di stelle; Eda le aveva scritto (a Margherita Hack, Trieste) e ne aveva avuto riposta; Eda con lei ha studiato e con lei ha scritto un libro. E’ la stessa Eda che oggi è diventata astrofisica di fama, dopo aver conseguito con lode il diploma di dottorato al corso di Matematica applicata dell’Illinois Institute of Technology, poi di fisica, poi il dottorato di astrofisica a Trieste. Del resto, “Così parlano le stelle…” come si intitolava il libro dalle due firme: Margherita Hack e Eda Gjergo.

Anna Rita Guaitoli

Non è semplice racchiudere in poche righe la vita della Signora delle stelle Margherita Hack.

Certo è che è stata tra le figure di spicco del movimento scientifico italiano, nonché la prima donna a dirigere un Osservatorio Astronomico. Nata in una famiglia liberale il cui stile educativo era basato sulla responsabilità e non sull’imposizione delle regole e per questo l’hanno lasciata libera di seguire le sue inclinazioni, volevano il meglio per la loro unica figlia e la iscrivono al liceo classico. Margherita dichiara di non essere tra i più diligenti ma si impegnava per rispetto dei suoi genitori che, con sacrificio, le permettevano di continuare gli studi. In questi anni riceve la sua prima bicicletta, che desiderava da tempo, si appassiona molto allo sport iniziando a praticare pallacanestro e ancora di più atletica, per la quale smaniava, che ha praticato anche a livello agonistico e grazie alla sua determinazione è diventata campionessa nazionale di salto in lungo.

All’università, casualmente, ritrova Aldo un vecchio amico di infanzia che presto diventerà suo marito e che amerà fino alla fine dei suoi giorni. Un grande amore il loro, “si è cominciato per caso e si è finito sul serio”, precisava che lui era il suo opposto e, scherzosamente, lo definiva  un extraterrestre.

I primi anni dopo la laurea furono alquanto bui e ci fu un lungo periodo di lavori precari, in questo periodo ha collaborato ampiamente con l’estero dove più volte le era stato chiesto di rimanere ma Margherita non indugia a voler tornare e lavorare in Italia con il desiderio di riuscire a creare nel suo Paese qualcosa di importante.

Finalmente, nel 1964 diviene Professore ordinario presso l’Istituto di Fisica Teorica dell’Università di Trieste acquisendo la cattedra di Astronomia che mantiene fino al 1992 e anche dopo averla lasciata ha continuato a tramandare le sue conoscenze e la sua forma mentis scientifica e razionale.

I suoi numerosissimi studi hanno contribuito grandemente ad arricchire e migliorare l’ambiente scientifico mondiale. Per le sue grandi capacità di insegnamento, con parole semplici riusciva a spiegare concetti difficili, la sua volontà di divulgare le sue ricerche, le sue conoscenze ferrate sulla materia, hanno fatto sì che Margherita diventasse una figura importante anche per un vastissimo pubblico di “non addetti ai lavori”.

Una donna allegra, semplice e genuina che è riuscita a ottenere un grande successo sia in ambito professionale che personale. Margherita ha fatto della linearità il suo dogma di vita, controcorrente ma sempre coerente, curiosa, indipendente, anticonformista, passionale, ottimista, ha mantenuto fino alla fine il suo pensiero critico, ha vissuto entusiasta nella fede dei suoi ideali, sapendo di essere un esempio per gli altri, seppur incredula nell’esserlo, vivendo secondo quello che riteneva giusto, etico, senza mai farsi condizionare dalle mode. Fin da giovane si è fortemente impegnata in campo sociale e civile, battendosi per i diritti, difendendo le sue posizioni senza mai temere il giudizio delle autorità religiose e politiche, spesso aspri e negativi nei suoi confronti.

Il suo immenso amore per il marito, per gli animali, gatti in primis, per le stelle, per la ricerca, per l’ambiente, per lo sport hanno reso Margherita Hack una delle donne più importanti e amate a livello mondiale per quasi un secolo e, sicuramente, anche in futuro.

Non temeva la morte e faceva suo il pensiero di Epicuro “Quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi”.

Di essa diceva: “Quando sarò morta le mie molecole svolazzeranno per tutta l’atmosfera terrestre”.

Il  29 giugno 2013, Margherita inizia a svolazzare, la sua morte ha lasciato un grande vuoto ma il suo pensiero continua a brillare lucente, ora più che mai, nell’animo di coloro che l’hanno conosciuta e che ne sentono fortemente la mancanza.

Pasqualina Cioria 

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